Oggi iniziamo una serie di articoli inerenti agli impianti di climatizzazione.
Cioè quegli impianti che, dal generatore di calore (caldo o freddo che sia), distribuiscono, emettono e regolano la temperatura all’interno degli ambienti in cui viviamo.
L’importanza di questi sistemi sta crescendo in modo esponenziale in questi ultimi tempi per due motivi essenziali in ambito di contenimento energetico:
- Si è proceduto, dal 2007 in poi, al miglioramento dell’edificio o dell’impianto con le opzioni meno invasive (cambio serramenti e caldaie)
- Agire sul sistema di emissione cambia tutti gli aspetti del vivere bene: dal comfort ai consumi energetici.
Le ragioni di un rinnovato interesse
Negli ultimi anni il nostro obiettivo è stato quello di rendere migliori, dal punto di vista energetico, gli edifici in cui viviamo. Queste, in sintesi le richieste dei nostri clienti:
- Efficienza energetica
- Il bisogno di riduzione dei consumi (motivo economico al top delle richieste)
- La volontà di non sprecare risorse se possibile
Le stesse esigenze hanno sviluppato un forte movimento al rinnovamento e ricerca in tutte le componenti dell’impianto di climatizzazione. Sui generatori e sulla indipendenza energetica le soluzioni sul mercato sono molte e anche noi ne proponiamo parecchie.
Il lato distributivo, ha subito anch’esso forti innovazioni, ma spesso poco appetibili in molti contesti.
Light Energy, invece, ha lavorato negli ultimi anni per scegliere prodotti per l’efficienza soprattutto su questo lato dell’impianto di climatizzazione, spesso tralasciato nelle scelte del cliente per motivi che indagheremo più in là.
L’impianto di climatizzazione: tipologie
Esistono varie tipologie di impianto per il riscaldamento nel residenziale con scambio in acqua. Se li mettiamo a confronto vediamo che l’evoluzione tecnica e storica (dai primi impianti post rivoluzione industriale ai giorni nostri), evidenzia un trend interessante.
Ogni innovazione e tipologia ha portato ad una significativa riduzione delle temperature di utilizzo.
Termosifoni: nonostante il nostro lessico comune e gergale identifichi con la parola tutti i dispositivi di emissione del calore a “batterie” metalliche, in realtà, questo nome si deve dare a tutti quei dispositivi, metallici, che hanno l’acqua come fluido termovettore e che sono privi di pompe di ricircolo. In sostanza è solo la dilatazione termica dell’acqua (spesso in ebollizione all’interno) che permette la distribuzione del calore nell’impianto e quindi anche negli ambienti. Temperatura di esercizio: 70°C ed oltre (altrimenti va a rischio la distribuzione del calore).
Radiatori: simili in aspetto ai dispositivi precedenti, sono utilizzati ancora oggi come emettitori a medio alta temperatura. La differenza sta nella presenza di pompe di ricircolo e quindi nel fatto che il circuito interno è costantemente in pressione. Temperature, a seconda del dimensionamento: 55°-70°C. Un piccolo dispendio elettrico permette una distribuzione forzata del calore a tutto vantaggio della riduzione delle temperature e del comfort
Queste due tipologie sfruttano, come meccanismo di trasmissione del calore prevalente, la convezione. Cioè dall’interno del termosifone o radiatore il calore arriva alla superficie, e da lì surriscalda l’aria che, per convezione, si muove (verso l’alto per dilatazione termica), e viene a cedere a sua volta calore alle superfici dell’ambiente con un movimento “a cascata”. Questo è quello che rende caldo e confortevole un ambiente. Gli altri meccanismi di trasmissione non sono contemplati, o meglio: la conduzione è presente, ma non sfruttata (le temperature sono ben al di là della soglia di sopportazione umana per contato e quindi fonte di potenziale pericolo), l’irraggiamento è presente (tutti i corpi a temperatura più alta emettono con meccanismo radiativo), ma poco utile e meno preponderante (il radiatore ha un’area minima e quindi l’effetto è ridotto).
Ventilconvettori: Formalmente a metà strada tra un impianto a radiatori ed un impianto di climatizzazione ad aria, sono pensati per sfruttare lo stesso meccanismo di scambio del calore per convezione, ma aggiunge la componente di distribuzione forzata. Il flusso di aria non è naturale, anzi, esiste una ventola che permette di scaldare e “trattare” grandi volumi di aria in poco tempo. Temperature di esercizio: 45°-50°C circa.
Venticolnvettori ibridi: l’ultima generazione di questo tipo di macchina sfrutta la grande superficie frontale della macchina permettendo di avere una superficie grande per innescare anche un processo radiativo con uno scambio di calore nel campo infrarosso.
Questa tipologia di macchina permette, di solito di gestire anche la stagione di climatizzazione estiva. Nella batteria alettata che funge da scambiatore termico, si può far girare acqua fredda o calda consentendo, al contrario del primo tipo di impianti una gestione all seasons.
Impianti radianti: ulteriore gradino dell’evoluzione dell’impianto di riscaldamento. A seconda delle temperature superficiali il meccanismo di convezione è più o meno presente, ma in modo minimo e si privilegia lo scambio per irraggiamento grazie ad una superficie molto ampia. Non è un caso che i primi impianti radianti siano stati concepiti a pavimento. Tutta la superficie calpestabile (in teoria) può diventare una sorgente di emissione del calore. Il risultato è che le temperature di esercizio sono di circa 35°C (a volte meno; a volte vicino ai 40°C o più a seconda di molti fattori).
Dai primi impianti a pavimento, le evoluzioni hanno previsto di attivare anche altre superfici. Pareti e soffitto sono, perciò, trattabili oggi allo stesso modo.
Vedremo nell’articolo successivo l’ulteriore balzo in avanti compiuto da quest’ultima categoria di impianti.
MAG
2015