Già da qualche tempo vi abbiamo promesso di realizzare un articolo sugli ottimizzatori di potenza e sui loro effetti sugli impianti fotovoltaici.
Con questo articolo vorremmo fare chiarezza, allo stato dell’arte, inizi 2017, su cosa siano gli ottimizzatori, quando utilizzarli e goderne i benefici.
Inverter: funzionamento e caratteristiche
Dovrebbe essere conoscenza acquisita che l’energia elettrica prodotta da un impianto FV sia di tipo “continuo” (come le batterie/pile di tutti i dispositivi elettronici) e che occorra un dispositivo, fondamentale, che converta la corrente da Contina in Alternata, pronta per essere utilizzata dai normali elettrodomestici e/o riversata in rete per un consumo condiviso.
Questo dipositivo si chiama inverter (vedere il glossario per ulteriori approfondimenti); e oltre alla conversione suddetta, ha un compito fondamentale: regola il suo funzionamento in modo da poter “estrarre” la massima quantità di energia disponibile ai capi della stringa o delle stringhe Fv ad esso connessa/e.
Lasciamo i concetti di Curva IV, variabilità dell’irraggiamento, velocità dell’algoritmo MPPT, ecc. perché pur essendo concetti tecnici basilari, sono però dispersivi da un punto di vista operativo come è lo scopo dell’articolo.
L’importante, in questo momento, è comprendere che la “massima potenza” dipende fortemente, a parità di temperatura, inclinazione, ecc., da come sono irraggiati i moduli fotovoltaici che, connessi in serie, si comportano come “alpinisti in cordata”. Esattamente come gli scalatori, che camminano tenendo il passo dell’atleta meno veloce, i moduli fotovoltaici connessi in serie producono energia in base a chi, tra loro, è in condizioni di “svantaggio” o di bassa performance. O, per dirla meglio, è l’inverter che fa lavorare tutti i moduli secondo “il passo” del modulo meno performante.
MPPT: mismatching, cause di bassa performance, sporcamento ed ombreggiamento
Chiarito il concetto, è facile capire che, una volta che li connettiamo in serie (operazione necessaria per avere tensioni interessanti dal punto di vista pratico) i moduli in stringa vengono “visti” dall’inverter, o meglio dal suo dispositivo MMPT (Maximum Power Point Tracker – Inseguitore del punto di massima potenza), come un unico generatore. Questo significa che:
- Piccole differenze tra moduli (ogni modulo è come una persona: simile ma non uguale) detto mismatching
- Differenze di irraggiamento (nuvole o inclinazioni differenti)
- Differenze di ombreggiamento (alberi, comignoli, ecc.)
- Sporcamento disuniforme
Determinano situazioni di differente produzione energetica tra i moduli. Dal punto di vista energetico queste condizioni determinano che molti moduli (anche per uno solo poco performante) non vengono messi in condizione di cedere tutta l’energia che potrebbero.
In altre parole, le condizioni di cui sopra determinano una perdita di potenza e, quindi di energia che, non solo non “viene estratta”, ma mette in condizioni di “stress” i moduli meno performanti, causando, nei casi estremi, rotture irrimediabili del modulo stesso.
Inverter tradizionale: strategia di limitazione delle perdite
Gli inverter tradizionali offrono una strategia semplice, ma parziale nei risultati, per ovviare a queste differenze: hanno ingressi per più stringhe e, di solito, a partire dai 4 kW di potenza offrono due insegutori MPPT. Dal momento che un inseguitore si prenderà carico di un gruppo di moduli e l’altro inseguitore di quelli vicini, si ottiene, dal punto di vista pratico, di avere a disposizione “due inverter” indipendenti (come fossero realmente due macchine distinte). Quindi, dal punto di vista energetico, si può ragionare ripartendo l’impianto fotovoltaico in due sottocampi in modo da minimizzare le perdite globali. La figura qui a fianco mostra proprio un inverter a doppio MPPT ca cui sono collegati due stringhe di moduli con caratteristiche differenti tecniche differenti (nel caso 10 moduli da 280Wp ealtrettanti da 290 Wp).
Questa strategia, però, risolve solo parzialmente le condizioni di possibile perdita: Rimangono comunque: il mismatching, ed il fatto che pur sezionando l’impianto, ottengo solo di limitare le perdite per ombreggiamento ad una porzione di impianto.
Cosa fanno gli ottimizzatori di potenza?
Da qualche anno a questa parte, la tecnologia ha già almeno 5 anni di vita sul mercato italiano, la progettazione di impianti fotovoltaici è cambiata con l’introduzione degli ottimizzatori di potenza.
In breve, senza tecnicismi: cosa fanno? Gli ottimizzatori di potenza, collegati al singolo modulo (o al massimo a coppie di moduli), sollevano l’inverter dal dover creare un “punto di massimo lavoro” sulla stringa; lasciando che si occupi solo della conversione dell’energia elettrica.
In altre parole l’ottimizzatore incorpora l’inseguitore MPPT e, quindi, permette di estrarre tutta l’energia producibile dal singolo modulo senza che la performance venga lesa da quella dei moduli svantaggiati collegati in serie. Questo permette, con la sola controparte di dover installare il modulo di ottimizzazione dietro ad ogni singolo modulo, e ad un extra costo risibile risopetto alle logiche impiantistiche tradizionali, di avere molti vantaggi.
Quali sono i vantaggi degli ottimizzatori?
La gestione, sul singolo modulo, del punto di massima potenza permette, istantaneamente, di:
- Eliminare i problemi di mismatching tra moduli. Ognuno fa quello che può senza influenze degli altri.
- Chiudere i problemi di perdita di produzione per ombreggiamenti al solo modulo ombreggiato. Contro metà impianto delle soluzioni tradizionali a 2 MPPT.
- Gestire orientamenti differenti dei moduli con molta più flessibilità.
Questi vantaggi, già da soli, sarebbero sufficienti ed apprezzabili, ma, in più, gli ottimizzatori possono:
- Trasmettere dati di telemetria, per cui, è possibile ottenere informazioni di produzione e di parametri elettrici dettagliati del singolo modulo.
- Gestire all’estremo, i cosidetti impianti “Frankestein”, realizzati con moduli di potenza e marca differenti. Funzione utile per ottenere il massimo di flessibilità progettuale.
- In alcuni casi, novità del tardo 2016, possono essere installati solo sulle porzioni “critiche dell’impianto” permettendo quindi una concezione di impianto ibrida.
Collegando il tutto ad un router, poi, si può avere una visione completa dell’impianto e della produzione del singolo modulo. Si “vedono” quindi:
- I moduli ombreggiati
- I moduli sporchi
- Le produzioni di ciascuno e le posizioni di ciascun modulo sul layout di impianto potendo individuare il modulo su cui intervenire con “precisione chirurgica”.
Tutte informazoni che permettono di intraprendere azioni correttive (pulizia, ecc.) utili.
Miti degli ottimizzatori
Cosa non fanno gli ottimizzatori? Far produrre all’impianto più energia in contesti in cui gli ombreggiamenti non sono rilevanti. Insomma: se è vero che molti pieghevoli commerciali dichiarano che possono far produrre all’impianto fino al 25% di energia in più, la dichiarazione è da circoscrivere al solo contesto degli impianti in cui le ombre affliggono l’impianto in modo rilevante.
FEB
2017